Viaggio slow alle Isole Eolie
La barca a vela è sempre stata un mio limite. Una di quelle esperienze che desideri vivere, ma che non riesci in alcun modo a fare. In tutti questi anni a dividerci è stato il mal di mare, il mio. Fino a quando mi sono lasciata convincere. Un tour attorno le Isole Eolie meritava uno sforzo, non fosse altro che il modo migliore per godere appieno di questo arcipelago di sette isole a nord della costa siciliana, in provincia di Messina, è la barca. Non necessariamente la barca vela, va bene anche una barca a remi. Semplicemente ci sono dei posti irraggiungibili via terra. Il punto forte delle Isole Eolie non sono le spiagge. Ce ne sono, ma non sono tantissime e se devo essere sincera non sono tra le più belle che abbia visto.
Il viaggio in barca a vela è lungo, lento, fatto di silenzi, introspezione. Siete solo voi e il mare. Di fronte a voi infiniti orizzonti e la meta che sembra sempre vicina, ma in realtà se provate a chiedere allo skipper quanto manca all’arrivo scoprirete che mancano ancora delle ore. Viaggiando in barca a vela mi ci è voluto poco a capire che “il viaggio è esso stesso la meta” e mi è sembrato di entrare dentro la poesia “Itaca”. Ecco, se dovessi descrivere quest’esperienza, sarebbe senz’altro questa poesia.
1° giorno
Siamo salpati dal porto di Tropea alle ore 18, puntando l’isola di Stromboli. La velocità massima che abbiamo raggiunto è stata di 8 nodi. Tempo stimato di arrivo ore 23. Per intenderci: in gommone o aliscafo sono sufficienti un paio d’ore per raggiungere uno dei vulcani più attivi del mondo, in barca a vela ce ne sono volute circa cinque.
Cinque ore di viaggio che ci sono servite per ambientarci, prendere confidenza con gli spazi ridotti e spesso nascosti della barca. A me sono servite a gestire il mio mal di mare. Il primo rimedio sono stati dei braccialetti anti nausea (uno sul polso sinistro e uno su quello destro), il secondo è stato quello di scendere il meno possibile in dinette e in cabina. Con questa scusa ho potuto osservare tutto il tempo il mare, il sole che tramontava lento e inesorabile sulla sinistra di Stromboli e isolarmi da tutto il resto.
In barca a vela c’è spazio anche per l’isolamento, ma non solo. Il gruppo con cui ho viaggiato è stato meraviglioso. Abbiamo riso, scherzato, affrontato temi anche delicati, seri e importanti, il tutto come se ci conoscessimo da sempre. In realtà alcuni di loro li ho conosciuti poco prima della partenza.
Tra una birra, svariati stuzzichini e l’ardua impresa di svuotare una cambusa decisamente esagerata, siamo arrivati di fronte “Iddu”: lo spettacolo che si è presentato davanti ai nostri occhi è stato a dir poco magico. Accompagnati da un mare vellutato, un’illuminazione dell’isola pressoché inesistente e un tappeto di stelle sopra di noi, ci siamo avvicinati in prossimità della Sciara del Fuoco. Lapilli di fuoco scoppiettanti hanno iniziato ad esplodere verso l’alto. Una, due, tre volte. Poi il silenzio, interrotto dal rotolio dei massi lungo la Sciara fin giù a mare. Uno spettacolo che si ripete ogni 15 minuti circa. Tra un’eruzione e l’altra tu resti lì sospesa. L’unica cosa che riesci a fare è gettare tutti i pensieri, le preoccupazioni, le ansie, le paure a mare come se fossi tu quel vulcano. E se chiudi gli occhi ti sembra di veder rotolare tutto giù, lungo quel ripido pendio, come i massi. C’è un’energia incredibile lì sotto: tutti gli elementi della terra concentrati in uno spazio estremamente ridotto. C’è la vita che esplode, la materia che invoca spazio e i sogni che prendono forma.
Tra un’eruzione e l’altra mi sono addormentata, sotto le stelle, cullata dal dondolio del mare, felice. Attorno a me solo #lostrettoindispensabile. Mi sono svegliata dopo un paio d’ore con gli angoli della bocca che sorridevano quando mi sono trovata avvolta in un caldo sacco a pelo (premura di un compagno di viaggio) e con la cena quasi pronta. Più tardi scoprirò che la barca a vela è soprattutto questo: condivisione e prendersi cura dell’altro. È un aiutarsi ad alzarsi continuo. Non solo metaforico, ma letterale: a fine vacanza si conteranno decine di cadute della sottoscritta.
2° giorno
La sveglia in barca a vela suona molto presto. Siamo in sette e, anche non volendo, ci facciamo sentire. In ogni caso c’è sempre il mare e i rumori esterni a svegliarti. Nel nostro caso erano quasi sempre le onde provocate da un aliscafo o un’imbarcazione di passaggio. Ma lo spettacolo appena svegli è immenso.
Alle 9 siamo già a terra ad esplorare l’Isola. Per ottimizzare i costi abbiamo scelto di non fermarci nei porti delle varie isole. Ciò ha significato: niente corrente elettrica (se non quella di un accendi sigari in sette per caricare i vari dispositivi mobile) e meno comodità per scendere. Ma la barca a vela è così: selvaggia e non sempre comoda. Ad accoglierci c’è una distesa di sabbia nera luccicante. Per raggiungere il paese c’è un bel po’ di strada da fare, in salita.
L’isola, nonostante sia vulcanica, è estremamente rigogliosa. Lungo il tragitto verso il paese incontriamo alberi di limoni, ulivi, palme, e poi gerani, bucanville e le immancabili case bianche con le finestre blu, in perfetto stile isolano. I negozi di prodotti tipici e artigianato e persino le farmacie sono perfettamente incastonati in questo paesaggio a dir poco fiabesco.
Arrivati in cima al paese i nostri occhi si trasformano a forma di brioche col tuppo e il nostro olfatto percepisce un solo profumo: quello della granita, pistacchio con panna per me. Ci sediamo nella terrazza del bar Ingrid, che prende il nome da Ingrid Bergman protagonista del film di Rossellini “Stromboli terra di Dio”, girato sull’isola nel 1949. Sull’isola troverete anche la casa che fu il nido d’amore dell’attrice e del regista. Tornando alla granita: non la migliore che abbia assaggiato, ma il panorama da lassù è superlativo.
La tappa a Stromboli non può non prevedere l’escursione al Vulcano. Nel nostro caso l’abbiamo tralasciata perché ci veniamo spesso e abbiamo preferito goderci un po’ il paese, i ritmi lenti, l’assenza di automobili, i fiori da fotografare e poi le porte. A Stromboli, e in generale in tutte le isole, ci sono un’infinità di porte: colorate, di legno, antiche, vissute. Amo le porte e quello che rappresentano. Accoglienza per prima cosa. Dietro una porta c’è sempre qualcuno pronto a dare il benvenuto. Mi piace pensare più alle porte che si aprono piuttosto che a quelle che si chiudono. Lungo la strada del ritorno incontriamo un albero traboccante di limoni. Chiediamo al proprietario se possiamo prenderne un paio. Risposta affermativa. Li stacchiamo con cura, grattiamo lievemente la scorza con le unghie e respirando a pieni polmoni torniamo verso il tender che ci riporterà in barca. Sembriamo tutti un po’ ubriachi. Il mal di terra è forse peggio del mal di mare.
La navigazione riprende alla volta della nostra seconda isola: Panarea. E qui il nostro skipper Pasquale mi fa un immenso regalo consegnandomi il timone (naturalmente sotto la sua costante supervisione). Lungo la navigazione ci accompagna uno splendido esemplare di tartaruga marina caretta caretta. In questo periodo dell’anno le tartarughe attraversano il mediterraneo per depositare le uova. La schiusa è un’altra esperienza indimenticabile di cui vi parlerò molto presto. Dopo circa tre ore di navigazione ci troviamo di fronte all’isola più chic, più modaiola e più antica delle Isole Eolie: Panarea. La nostra prima tappa è l’isola di Lisca Bianca.
Nel prossimo post vi parlerò di questa elegante isola e dell’ultima nostra tappa: Salina.
Le Isole Eolie sono raggiungibili facilmente sia dalla Sicilia che dalla Calabria. Il porto più vicino è quello di Milazzo per la Sicilia, Reggio Calabria e Tropea per la Calabria. Ci sono anche collegamenti da Messina, Palermo e Napoli. Nel nostro caso siamo partiti da Tropea, per il semplice fatto che il charter si trovava lì. Per il noleggio della barca ci siamo affidati a Cabin Charter Eolie. Se decidete di viaggiare con la barca a vela compresa di skipper, preoccupatevi che sia serio e professionale, altrimenti rischiate che la vacanza si trasformi in un incubo. Il nostro è stato a dir poco impeccabile.
Giornalista, esperta di marketing territoriale e digital strategist. Sembrano tante qualifiche, ma sono tutte racchiuse in una professione. In parole povere mi occupo di valorizzare aziende e territori. Lo faccio principalmente mettendo assieme strategia e parole. Hai bisogno di aiuto? LAVORA CON ME
2 thoughts on “Viaggio slow alle Isole Eolie”
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